Non intendo assolutamente ficcare il naso nelle questioni amministrative di Taggia.

 

Sulle vicende dell’ultimo decennio i taggiaschi si sono pronunciati pochi mesi fa mentre di quelle future è troppo presto per poterne parlare.

 

Però qualche tempo fa avevo pubblicato un post su Palazzo Curlo-Spinola di Taggia tirato fuori dal mio vecchio album delle incompiute nel Ponente ligure e sono piovuti i commenti, chi per conoscere il seguito della storia e chi per interrogarsi sul finale.

 

In merito alle puntate successive la risposta, per quanto riguarda i lavori, è sotto gli occhi di tutti, sono fermi, esattamente allo stesso punto del 2 aprile 2013 quando i due soggetti attuatori del progetto di recupero architettonico e funzionale cioè “Il Cammino Società Cooperativa Sociale” e la “Società Cooperativa Edilizia Serena a.r.l.”, firmavano la convenzione, depositavano le fideiussioni e nel rispetto delle conclusioni della conferenza dei servizi del 23 dicembre 2011 in seduta deliberante ritiravano la concessione edilizia che alla scadenza del biennio nel gennaio 2015 sarà prorogata.

 

Quanto invece al soggetto coinvolto nel procedimento urbanistico-edilizio il seguito della storia riguarda sempre la stessa cooperativa che prima ha comperato il Palazzo con un contributo statale a fondo perduto di un paio di milioni e che successivamente è finita sotto inchiesta giudiziaria per presunte irregolarità contabili che sarebbero sfociate nella distrazione di fondi pubblici.

 

Se ad oggi questo è il seguito, il finale lascia poco spazio all’immaginazione, è sicuro, infatti, che proseguirà il degrado del Palazzo per molti anni ancora, temo per decenni.

 

Chi ama la propria Città e la sua Storia non può e non deve rassegnarsi ed è per questo che ne scrivo, pur non essendo taggiasco e neppure ligure, ma perché mi piange il cuore di fronte a casi come questo.

 

Purtroppo per uscire da questa specie di “stallo alla messicana” si dovrebbero sbrogliare troppi grovigli finiti in mani diverse, penale, amministrativa, contabile, civile e finanziario e il tempo occorrente per arrivarci è quello che indicavo sopra.

 

Ecco perché l’Amministrazione comunale di Taggia, secondo me, dovrebbe esplorare con coraggio e ferma determinazione la possibilità di un ritorno al passato, quando l’Amministrazione Cerri con la variante “Gabrielli” al Piano Regolatore Generale spalancò le porte all’iniziativa pubblica nelle sue diverse articolazioni che vanno dal coinvolgimento dell’azienda regionale dell’edilizia residenziale a quello dell’Università e che non escludono un accordo di programma esteso ai soggetti preposti alla valorizzazione del territorio in sinergia con le categorie economiche interessate.

 

Il beneficio potrebbe ricadere su tutti gli attori di questa vicenda dove si fa davvero fatica a scorgere malafede, al massimo si scoprono dosi, in quantità industriale, di ingenuità, di imprudenza e di pressapochismo.

 

Intanto, al netto del mutuo bancario di 2 milioni e 200 mila euro stipulato dalla cooperativa nel 2008, la restituzione dell’indebito in ottemperanza dell’ingiunzione del Ministero dei beni culturali di tre anni fa potrebbe avvenire sotto forma di “cessio bonorum”, già proposta alla Soprintendenza il 23 ottobre 2014 e da effettuare in capo all’Agenzia del Demanio per essere quindi affidato in comodato a un Ente Morale (Comune, Università, A.R.T.E. Imperia o altro Ente di scopo da costituirsi) che subentrerebbe nel pertinente rischio d’impresa offrendo, come è ovvio, tutte le necessarie garanzie.

 

Il vantaggio dell’operazione sarebbe triplice, intanto sgombrare il terreno dalle complicazioni tecnico-contabili riguardanti il contributo ministeriale, senza nulla togliere, tuttavia, alle presunte responsabilità che, secondo l’inchiesta in corso, ne sarebbero derivate, e poi liberare la cooperativa, oggi fortemente impegnata nell’assistenza ai migranti, dal pesante fardello di una avventura immobiliare dai costi salatissimi e priva di sbocchi nel breve e medio periodo e infine consegnare alla mano pubblica un bene di rilevante interesse architettonico storico e di grande importanza strategica per l’economia agricola e turistica di Taggia e della sua vallata.

 

Una volta acquisita la disponibilità -diretta o mediata- dell’immobile la destinazione urbanistica della parte inedificata dovrebbe puntare alla valorizzazione del suo brand di notevole valore storico-artistico per realizzarvi volumetrie residenziali e/o turistico-alberghiere di livello medio-alto abbandonando l’attuale progetto di edilizia popolare a canone agevolato e residenziale extra ospedaliero per anziani non autosufficienti.

 

La parte “nobile” edificata dovrebbe, invece, rispettare le destinazioni d’uso previste a suo tempo dalla “Variante Gabrielli” al Piano Regolatore che non escludono, peraltro, la possibilità di insediarvi location multifunzionali per stages, convegni, campus e simili cominciando da un centro dell’oliva taggiasca, famosa nel mondo, da affiancare al Museo, e più in generale un centro delle eccellenze agro-alimentari e turistiche della Valle dell’Argentina e dell’intero Ponente ligure.

 

Certo, l’impresa di un accordo di programma è complessa ma intelligente, perché questa qualità la si dimostra quando ci si trova in un vicolo cieco e si decide di uscirne, senza rassegnarsi a fare la fine del topo e ad abbandonare al degrado un edificio che rischia di cadere a pezzi (il 27 dicembre scorso è già crollato un pezzo di tetto).