In questi giorni tutti a parlare di ludopatia e nessuno che ricordi l’origine dell’epidemia del gioco diffuso compulsivo.

 

Ne parla oggi a Roma il vice-Presidente del Consiglio dei Ministri Di Maio nel presentare un provvedimento per contrastare il fenomeno e l’altro giorno ne hanno parlato Biancheri e Scajola nell’adunata dei sindaci sulla sanità annunciando al mondo di essersene accorti.

 

Sei anni fa, nel marzo 2012, ne parlavo anch’io sull’Eco della Riviera.

 

Era l’epoca, tanto per orientarsi,  quando  in Liguria il PD di Bersani con SEL e col Centro Democratico incassava –pochi mesi dopo- il 31 % dei voti alla Camera e portava a casa 10 deputati e il 33 % al Senato e 5 senatori mentre il PDL di Berlusconi con Lega, FdI e Destra alla Camera prendeva il 23 % e 2 deputati e al Senato il 23,1 % e 1 senatore.

 

Tempi preistorici, quando la Lega era al 2,3 % e il PDL al 18,7 % e lo zombies Monti sfiorava il 10 % all’insegna del cambiamento.

 

Cambiamento che per gli zombies aveva un sinonimo: liberalizzazione.

 

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Lo sappiamo, in tutte le epoche c’è sempre stato un pensiero dominante a fare da sfondo a ogni altra idea e quello di oggi è il “cambiamento” al quale  i Partiti si devono adeguare e che ispira i loro propositi di voltare pagina e di ripartire da zero per affrontare un mondo che non potrà mai più essere lo stesso di prima.

 

Da un po’ di tempo anche qui in Riviera ce le vengono a spiegare a turno i politici di ogni colore e risma, alcuni come zuccherino per addolcire l’amara medicina di Monti che anche loro hanno trangugiato in Parlamento, altri invece la pensano diversamente e ci raccontano che la ricetta è sbagliata, che a scriverla è stato un medico non democraticamente laureato e che quell’intruglio lo hanno sputato nel lavandino.

 

A un politico pentito che ha ormai raggiunto la pace dei sensi tutte queste interviste, comparsate tv e convegni fanno venire in mente la “trance”, come a Torino a Medicina Legale il professore Romanese ci descriveva quell’attimo impercettibile nel quale uno perde la sensazione del proprio corpo e dell’ambiente circostante e passa da uno stadio ad un altro.

 

Fenomeno, ci spiegava l’illustre cattedratico, che può essere naturale e inavvertito, come il passare ogni sera dalla veglia al sonno o come, al contrario, il risvegliarsi al mattino dopo una bella dormita, ma che si fa interessante soprattutto quando il cambiamento è artificiale e atteso, come nell’ipnosi e nell’estasi.

 

Perché, quale immodesto contributo personale allo studio della “trance”, a queste due figure classiche ne vorrei ora aggiungere una terza che, appunto, mi è venuta in mente assistendo alle piroette di certi zombi politici sullo sfondo del cambiamento.

 

Uno spunto che prendo dal Vudù haitiano e che definirei come “piccola morte” - da non confondere, attenzione !, con l’orgasmo come lo chiamano i francesi - e che è una sorta di letargo dal quale gli zombi di Papa Doc resuscitavano al levar del sole per andare nelle piantagioni di canna da zucchero a lavorare come schiavi tutto il giorno per poi riprendere lo stadio catatonico a notte fonda.

 

Nel mio caso, però, non è tanto importante denunciare il negromante che ha succhiato “le petit bon ange” a tipi come Scilipoti e ai suoi Responsabili e poi lo ha soffiato in una bottiglietta e neppure puntare il dito contro le gesta di certi personaggi una volta diventati zombi, quanto piuttosto cogliere l’attimo impercettibile del passaggio da uno stadio all’altro che nella mia ottica ha come sintomo rivelatore una qualche imperdonabile colpa.

 

Lo dico non per loro, che tutto sommato considero dei poveri cristi, ma per la gente alla quale torneranno prima o poi a chiedere nuovamente il voto e che ha il diritto di sapere che non hanno  davanti degli uomini ma degli zombi, e che un pezzo della loro anima è dentro alla bottiglietta in mano a qualcun altro che potrebbe stapparla e passargliela sotto il naso per costringerli ancora una volta a tradire la terra che li ha eletti in Parlamento.

 

Per esempio, adesso che il vento del cambiamento ha affiancato ai temi del fisco e del lavoro anche quello delle liberalizzazioni, il mio pensiero va alla sola che in tanti anni è stato capace di fare il “liberal” Berlusconi,  quella dell’azzardo, alla quale noi purtroppo “emu za daetu”.

 

E’ stata una liberalizzazione che Giulio lo stregone ha portato avanti a testa bassa fino alle estreme conseguenze e “inaudita altera pars” perché la controparte offesa dei quattro casinò non si è neppure costituita in giudizio quanto meno per contrattare  un atterraggio morbido sul pianeta inesplorato del gioco diffuso, al contrario di ciò che in questi giorni a Monti “il tedesco” ha strappato persino la lobby dei pizzicagnoli, oltre a quelle dei taxisti, dei giornalai, dei farmacisti e dei “Forconi” siciliani.

 

Non me la prendo tanto con Scajola che ai primi del luglio 2002 aveva lasciato il Viminale dopo l’infelice frase pronunciata a Nicosia e neppure con quegli  zombi del centrodestra (tra cui l’on.le Boscetto, N.d.R.) che il dicembre successivo al Senato in sede di votazione della Finanziaria 2003 hanno introdotto di soppiatto nel testo già approvato dalla Camera  un emendamento “non protetto” all’articolo 22 che in pratica ha spalancato le porte alla liberalizzazione del gioco d’azzardo facendo cadere la “turris eburnea” dell’articolo 718 del codice penale e così eliminando il privilegio delle quattro Case da gioco autorizzate.

 

Ce l’ho invece con chi aveva nell’armadio le bottigliette con dentro i loro “angeli guardiani” e le ha messe a disposizione dei padroni di quella che “per grazia ricevuta” diventerà alcuni anni dopo la terza azienda industriale italiana, dietro solo a Fiat ed Eni.

 

E che grazia !

 

Quella santa crociata contro il gioco sommerso prima lo ha fatto emergere, poi lo ha ripulito e infine, in barba a trasparenza e imparzialità, ha messo l’intero business legale direttamente in mano alle “Dieci Sorelle”, quattro delle quali straniere, in quote proporzionali ai loro precedenti nulla osta, che erano spalmati sull’intero territorio nazionale.

 

Una grazia piovuta dal Cielo senza dover fare penitenza, neppure quella di pagare almeno in parte la penale di una novantina di miliardi che la Corte dei Conti del Lazio aveva appioppato alle dieci Concessionarie.

 

E soprattutto senza il disturbo di venire fin qui a Sanremo ad accendere un cero e appendere un “ex voto” nella più antica cattedrale dell’azzardo che, a differenza delle altre tre colpite dalla liberalizzazione, era condannata a morte certa dalle stesse sue caratteristiche strutturali e ambientali che in passato, auspice Mussolini, ne avevano determinato invece lo straordinario sviluppo.

 

Ma tra tanti parlamentari che abbiamo eletto e che al tramonto di Monti ci proporranno di fare il replay nessuno - dico nessuno - poteva pretenderlo proprio perché ognuno di loro aveva un pezzo della sua anima nella bottiglietta in pugno a Papa Doc.

 

Ma chi è costui ?

 

Siamo in tanti a essercelo chiesto, perché Lui è trasversale ai Partiti e alla Politica, è Uno e il suo multiplo, e poi ha una Chiesa che annualmente versa all’Erario una simbolica IMU pari a circa il 5 %  di tutte le entrate lorde, equivalente alle intere imposte sostitutive, o ad un decimo dell’IRPEF o all’importo dei rimborsi IVA.

 

Tutto questo esonera dall’andare a grattare sulle sue partecipazioni estere, o indagare sui paradisi fiscali che ne coprono il lato oscuro, o semplicemente guardare se ci sono infiltrazioni mafiose, perché “pecunia non olet” specialmente quando la crisi galoppa.

 

Intanto, trascorsi otto anni dalla liberalizzazione dell’azzardo, qui a Sanremo i 103 milioni di incasso del casinò nel 2004, dei quali 41 toccati al Comune, si sono ridotti alla metà e a Palazzo Bellevue adesso tutti piangono.

 

Al danno economico si aggiunge in questi otto anni la beffa degli impacchi fatti al moribondo da cerusici di entrambi gli schieramenti mentre nella stanza accanto  si brindava alla pacchia infinita.

 

E adesso ci tocca subire l’ulteriore beffa dagli zombi che dopo aver portato al default la nostra principale azienda turistica, vengono a spiegarci che il “cambiamento” rende indispensabili le liberalizzazioni : come parlare di corda in casa dell’impiccato.

 

E questo, mi si creda, è davvero troppo……