Non da oggi un dubbio mi tormenta, mi assilla e mi toglie il sonno: quello di vedere in modo “distopico” la vicenda della scuola in Valle Armea come sintomo di incipiente demenza senile, visto che sono ormai sulla soglia del novantesimo compleanno, tra sette settimane.

Roba da psicanalisi se non ci fosse scappato il morto.

Nel più profondo e assoluto rispetto di una giovane vita spezzata e di una famiglia sconvolta ne parlo sottovoce, ma sento di doverne parlare.

Che la scuola abbia abbandonato l‘ettaro d’oro di San Martino per vile calcolo di bottega è risaputo.

È anche risaputo come l’abbandono sia avvenuto in base all’articolo 58 (Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133.

La notorietà della normativa a supporto dell’abbandono dell‘ettaro d’oro di San Martino chiude con l’articolo 29 (Procedure per l'approvazione dei programmi per l'alienazione e la valorizzazione di immobili non strumentali di proprietà della Regione, degli enti appartenenti al settore regionale allargato e degli enti strumentali, delle province e dei comuni, per il mutamento di destinazione d'uso) della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 37 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria “Legge finanziaria 2012”).

Le declaratorie dei titoli sono ampie e prolisse ma il contenuto è succinto e sintetico: “Come e quando l’ente locale può vendere un immobile del proprio demanio o del proprio patrimonio indisponibile accatastato a lui e che non gli serve più, nonché accatastato a società o Enti a sua totale partecipazione, azionaria o di quote”.

La sottolineatura è la causa del mio sospetto rincoglionimento e spiego i motivi in tre mosse.

 

 

La prima mossa è la genesi della possibilità per l’ente locale di vendere non soltanto un immobile “catastalmente” di sua proprietà ma anche di proprietà di una sua “società o Ente a sua totale partecipazione azionaria o di quote” alla stessa ovviamente accatastato.

Possibilità che non era presente nel testo originario dell’articolo 58 ma che è stata introdotta tre anni e mezzo dopo dal D.L. n. 201/2011, come modificato dalla legge di conversione n. 214/2011 correttivo del federalismo fiscale, che al comma 7 dell’articolo 27 (Dismissioni immobili) ha sostituito i “commi 1 e 2 dell’articolo 58”nel testo attuale.

Dunque a me sembra che il calcolo di bottega della valorizzazione e della alienazione dell’ettaro d’oro accatastato a “Riviera Trasporti s.p.a.” che per legge è un “ente strumentale della provincia di Imperia” appartenga a quest’ultima, con conseguente inserimento nel proprio “Piano/Programma delle valorizzazioni e alienazioni” annuale da allegare al proprio Bilancio.

La seconda mossa è tranciante e si identifica nell’aggettivo usato dall’articolo 58 come requisito e condizione della partecipazione della Provincia di Imperia al capitale della sua società o ente strumentale, che deve essere “totale”, del 100 %, cioè totalitaria.

Superfluo spiegarne la “ratio” che consiste nella personalità giuridica e nell’autonomia civilistica della società strumentale e dei suoi atti e organi gestionali che vanno comunque e sempre rispettati.

La terza mossa riguarda la simmetria dello scenario di legge, con il socio unico “Provincia di Imperia” che valorizza commercialmente l’immobile della propria società strumentale “Riviera Trasporti s.p.a.” autorizzandola ad attivare le procedure urbanistiche e edilizie necessarie e che poi in qualità di azionista totalitario ne devolve i proventi per ridurre la situazione sociale debitoria e per intervenire sulla sottocapitalizzazione.

La simmetria si rompe, però soltanto sul piano operativo, perché la titolarità istruttoria delle procedure urbanistiche e edilizie è dei 66 Comuni e non della Provincia e quella decisionale della Regione e in questo caso, trovandosi l’immobile in territorio del comune di Sanremo, c’è stato un cortocircuito “Comune-Regione” a causa del parallelo iter istruttorio del nuovo PUC.

 

 

Il mio dubbio è presto detto.

1°. Il procedimento di valorizzazione e alienazione dell’ettaro d’oro di proprietà catastale di “Riviera Trasporti, s.p.a.”, NON è stato aperto, gestito e concluso dall’ente locale competente in base all’articolo 58 ma dalla società strumentale della Provincia di Imperia e con l’assenso del comune di Sanremo esclusivamente competente alla istruttoria urbanistica e edilizia.

2°. L’ente locale Provincia di Imperia NON è azionista totalitario della sua società strumentale “Riviera Trasporti s.p.a.” e addirittura il capitale non è neppure pubblico al 100 % in presenza di un azionista privato.

3°. La procedura di variante al PUC è stata istruita dal comune di Sanremo sull’errato presupposto che tutto fosse in regola, mentre invece NON lo era e di conseguenza percorrendo le corsie preferenziali e beneficiando delle deroghe e delle agevolazioni concesse dall’articolo 58 al fine di incentivare e agevolare la dismissione di immobili non più utili alle funzioni degli enti locali, in questo caso la funzione del trasporto pubblico locale di competenza dell’Ente Provincia.

A questo punto i casi sono due, o c’è la “congiura del silenzio” ai massimi livelli manageriali, giudiziari, politici, burocratici, accademici, professionali e mediatici oppure io sono rincoglionito, ma almeno in questa seconda ipotesi me ne farò una ragione e riprenderò pace e sonno.